I giovani sono i soggetti più coinvolti nella transizione alla tarda modernità che l’Europa sta vivendo. Nella sua variante italiana e toscana questo passaggio è faticoso e difficile, perché gli attori che detengono risorse legate agli equilibri del passato agiscono in modo difensivo per frenare il cambiamento. I giovani, che hanno meno posizioni da difendere e minori protezioni, vivono solo gli svantaggi di una trasformazione che, se non è incanalata in un progetto collettivo, rischia di avvitarsi in un circolo vizioso di fragilità economica e insicurezza sociale.
La transizione tocca rapidamente molti aspetti della loro vita: economici, politici, sociali, culturali. La consapevolezza di questa pluralità di piani ci ha spinto a ricomporre in un’unica riflessione le diverse dimensioni dell’esperienza dei giovani: istruzione, lavoro, stili di vita, modelli culturali, partecipazione politica e sociale, valori, coesione sociale.
I risultati permettono di costruire un quadro innovativo. Il confronto con i modelli dell’Europa del Nord, del Centro e del Sud getta nuova luce sugli aspetti più noti dell’esclusione dei giovani toscani: precarietà nel lavoro, scarsa presenza nelle posizioni decisionali, mancanza di sbocchi professionali per i laureati. La comparazione fa emergere, accanto alla mancanza di tutele, alcuni tratti di una tutela distorta, a partire da un sistema scolastico e universitario che permette di rallentare improduttivamente il tempo degli studi. La dilatazione del modello del “parcheggio” alimenta una cultura del lavoro rassegnata e adattiva. La delusione e la crescente insicurezza spingono infatti i giovani a un distacco dai valori espressivi e all’adesione a valori strumentali, materialisti, ostili al rischio. Emerge infine il ritorno della disponibilità ad accettare lavori più duri, che chiedono più costi e sacrifici.
Nella sfera della partecipazione, dell’associazionismo, della coesione sociale, i giovani toscani assumono comportamenti più negoziali e individualisti che in passato. L’”individualizzazione senza tutele” rischia di creare diffidenza ed egoismo, ma i giovani, soprattutto se hanno alti livelli di istruzione, sanno, più di quanto non appaia negli stereotipi giornalistici e scientifici, che gli antidoti devono venire dalla politica e dalle politiche. Pensano che un ricambio nella classe dirigente possa invertire questa deriva negativa. Si orientano verso una nuova articolazione dei livelli di governo che valorizzi sia il livello locale e regionale, sia quello sopranazionale. Se hanno avuto modo di conoscerle, apprezzano le politiche della Regione.

Autore: a cura di Alessandra Pescarolo