La questione dei NEET ha riscosso un successo giornalistico notevole in tempi di crisi economica, suscitando l’attenzione e l’interesse di molti. In realtà i i giovani che non lavorano, non studiano e non frequentano corsi di formazione sono un fenomeno non nuovo e significativo in Italia anche negli anni Novanta.
La trasposizione dell’acronimo NEET in categoria statistica ha l’obiettivo di individuare, all’interno della popolazione giovanile che non cerca lavoro, il sottoinsieme di coloro che non sono impegnati in percorsi di educazione e formazione. Oltre a porre dei problemi metodologici, questa nuova etichetta non risponde tuttavia in modo esaustivo all’interrogativo su chi siano veramente questi giovani, limitandosi piuttosto a raggruppare un insieme di persone molto diverse tra loro.
Il rapporto di ricerca, dopo una riflessione sul concetto di NEET, i suoi usi e le sue origini e un’analisi dei dati disponibili a livello regionale, nazionale ed europeo con l’obiettivo di scomporre la categoria nelle sue componenti più rilevanti (giovani distinti per fasce d’età e titolo di studio, donne, stranieri), presenta i risultati di un’indagine qualitativa su un campione di giovani toscani classificati come NEET secondo i criteri statistici adottati dall’ISTAT, volta a indagare in profondità le loro esperienze, le loro aspirazioni, i principali ostacoli da loro incontrati nel mondo della scuola e del lavoro.
Il primo risultato interessante riguarda l’estrema difficoltà di entrare in contatto con la fascia più debole dei NEET, ossia le coorti che hanno abbandonato gli studi o posseggono un grado di istruzione basso e non riescono a entrare nel mondo del lavoro. Dalle interviste raccolte emergono invece esperienze molto variegate, nient’affatto caratterizzate da inerzia e immobilismo, semmai risultato di un mondo del lavoro poco permeabile a chi vi si affaccia per la prima volta e un mondo dell’istruzione che non si è adeguato alle trasformazioni intervenute negli ultimi decenni.

ISBN 978-88-6517-041-0

Autore: A cura di Natalia Faraoni e Alessandra Pescarolo