La questione dell’adeguatezza degli assetti istituzionali è un tema che è stato per molto tempo al centro del dibattito politico e scientifico del nostro paese, senza tuttavia giungere ad una revisione sostanziale degli stessi. Gli ultimi interventi normativi in materia sono quelli promossi attraverso i provvedimenti emergenziali presi dal Governo Monti (revisione delle province, riduzione della rappresentanza politica locale, promozione dell’associazionismo) nel tentativo di ridurre la spesa pubblica in maniera ragionata, attraverso una sua riorganizzazione più che attraverso tagli indiscriminati, che è poi quello che si intende con l’espressione ormai famosa della “spending review”.
Il presente lavoro cerca di guardare al tema in un modo nuovo e sostenendo una tesi, se si vuole, radicale.
L’idea di partenza è che i governi locali svolgano un ruolo cruciale per il benessere dei cittadini, in quanto prima forma istituzionale con cui la popolazione insistente su un territorio comune si organizza per far fronte ad esigenze collettive, di frequenza quotidiana. Proprio per tale ragione, si afferma nel lavoro, i governi locali devono restare coerenti con la distribuzione territoriale delle comunità e, quindi cambiare, quando le trasformazioni avvenute nei fenomeni socio-economici e culturali e nella tecnologia di comunicazione e trasporto sono di portata tale da rendere ormai obsoleti i confini tradizionali. La prima affermazione “radicale” contenuta nel lavoro di ricerca è proprio questa, che i confini dei governi locali devono essere rivisti, perché sono cambiate ormai da tempo le comunità reali da governare.
La seconda affermazione “radicale” ha la forza dei numeri: attraverso un esercizio di simulazione sulla situazione toscana, si dimostra che l’adeguamento dell’assetto del governo locale all’attuale distribuzione territoriale delle comunità locali “reali” (approssimate dai bacini del pendolarismo quotidiano per motivi di lavoro, oppure dai luoghi della programmazione dei servizi socio-sanitari di competenza comunale) consentirebbe di recuperare circa 200 milioni di euro (che salirebbero a quasi 400 nell’ipotesi in cui la maggiore dimensione media dei comuni consentisse l’eliminazione del governo provinciale) dai costi di gestione degli enti, risorse che potrebbero perciò essere risparmiate a parità di offerta di servizi per i cittadini.
La terza affermazione “radicale” è che il risparmio ottenibile è solo uno dei vantaggi che ci possiamo attendere dalla semplificazione istituzionale, da cui ci aspettiamo un generale miglioramento del processo di policy making, che vuol dire tempi decisionali più brevi, ma anche contenuti più sostanziali e strategici, maggiore capacità di controllo sui fenomeni della globalizzazione economica.
Il lavoro riflette sul tema degli assetti istituzionali ricostruendo gli aspetti salienti del dibattito e confrontandosi con la letteratura internazionale.

IRPET, 2013
ISBN 978-88-6517-045-8

Autore: Sabrina Iommi