Il secondo trimestre del 2019 conferma i segnali non sempre positivi emersi nel corso dei primi tre mesi dell’anno. L’occupazione complessiva, sia dipendente sia indipendente, dalla rilevazione ISTAT sulle forze di lavoro, è in leggero calo. Il numero dei disoccupati rimane ai livelli del corrispondente trimestre del 2018 così come il tasso di disoccupazione.
Gli addetti dipendenti segnano un aumento tendenziale dell’1% (circa +12mila), pur rimanendo in territorio positivo il trend trimestrale appare rallentato rispetto al recente passato (dal +2,4% dei primi tre mesi 2018 all’1% attuale).
Continua la crescita dello stock di dipendenti con contratto stabile, i lavoratori con contratto a tempo indeterminato sono aumentati di circa 16mila unità (+2,2%), tale crescita è stata prevalentemente determinata dalle trasformazioni contrattuali.
Gli avviamenti complessivi calano segnando una variazione negativa a causa del crollo dei nuovi contratti di somministrazione, rimangono invariati i tempi determinati mentre crescono significativamente gli indeterminati.

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Il divario tra domanda e offerta di lavoro ha molte cause. Fra queste un ruolo importante lo giocano il ciclo economico, i cambiamenti tecnologici, la trasmissione delle conoscenze e delle competenze, le regole che disciplinano i rapporti professionali, le aspettative e i comportamenti di lavoratori e datori di lavoro. Naturalmente anche le caratteristiche del sistema educativo e formativo e le modalità di transizione dalla scuola al lavoro possono essere fonte rilevante di un disaccoppiamento fra la domanda e l’offerta di lavoro.
Molte sono le analisi del mismatch condotte sul lato dell’offerta, ovvero volte a mostrare l’inadeguatezza o il sottoinquadramento dei lavoratori (secondo il titolo di studio, la mansione svolta, le competenze possedute). Meno diffuse risultano invece le indagini sulle difficoltà incontrate dalla imprese nel trovare le figure professionali adeguate, sulle quali ci soffermeremo in questa nota di approfondimento.
I dati mettono in luce l’esistenza di difficoltà di reperimento per oltre un quinto delle posizioni aperte, non solo tra le professioni più elevate (professioni tecniche e altamente specializzare) ma anche tra le figure legate alla produzione, come gli artigiani e gli operai. All’origine vi è un disallineamento di fondo tra i profili richiesti dalle imprese e quelli formati nel sistema dell’istruzione, a cui concorrono la programmazione di un’offerta formativa non sempre fondata sull’analisi dei fabbisogni, le scelte degli studenti e delle famiglie e l’autoreferenzialità del sistema di istruzione, che fatica a interfacciarsi e a interagire col sistema produttivo.

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