Rapporti e Ricerche
Gli Istituti Tecnici Superiori (ITS) sono la prima esperienza italiana di offerta formativa terziaria professionalizzante. Essi ricalcano, nelle linee generali, percorsi di istruzione che in altri paesi europei sono ormai consolidati e rappresentano, oggi, la via italiana al sistema duale il cui obiettivo è formare i quadri intermedi specializzati nei settori chiave dell’economia regionale, sfruttando il modello di gestione pubblico-privata di attività no-profit della Fondazione.
Gli ITS in Toscana sono 7, costituiti in due momenti diversi – 2010 e 2015 – e afferenti a 5 delle 6 aree tecnologiche stabilite a livello nazionale: 3 ITS in Nuove tecnologie per il Made in Italy (MITA, PRIME e EAT), 1 in Mobilità sostenibile (ISYL), 1 in Efficienza energetica (EAEE), 1 in Tecnologie innovative per i beni e le attività culturali – Turismo (TAB), 1 in Nuove tecnologie della vita (VITA).
I principali punti di forza del sistema degli Istituti Tecnici Superiori toscani possono essere così sintetizzati: (a) un’organizzazione della didattica incentrata sulle attività laboratoriali, che sviluppa le competenze tecniche e riproduce i contesti aziendali; (b) la possibilità di svolgere stages nelle imprese durante il percorso di studio per periodi relativamente lunghi; (c) i positivi esiti occupazionali, sia in termini di contratti attivati che di coerenza con la preparazione acquisita.
Un altro vantaggio non trascurabile è la capacità di formare capitale umano immediatamente inseribile nelle imprese, che sono in gran parte attori economici del territorio di riferimento, in un numero abbastanza significativo, rispondendo alle esigenze del sistema produttivo locale.
Dal punto di vista dei diplomati, aver frequentato un ITS significa, in media, poter entrare nel mercato del lavoro formati e giovani. Questo aspetto è tanto più importante considerati, da una parte, gli ostacoli incontrati dalle aziende nella ricerca di personale tecnico proprio nelle specializzazioni chiave dell’economia toscana e, dall’altra, il fardello della disoccupazione giovanile e delle deboli prospettive future per le nuove generazioni.
Il principale limite degli ITS, anche alla luce di queste considerazioni, appare senz’altro il basso impatto sul sistema formativo in termini di numero di diplomati. Ciò è vero sia se lo confrontiamo con quello dei laureati di primo livello, sia considerando il numero dei diplomati di pari livello degli altri paesi europei, in un quadro generale, come quello italiano, in cui il tasso di alte qualifiche rimane al di sotto della media UE.
La loro conoscenza presso le famiglie e gli studenti è ancora troppo bassa e il nome di Istituto Tecnico – sebbene Superiore – tende a confondere, se non a scoraggiare la scelta. È necessario quindi organizzare canali di comunicazione di vario tipo diretti ai diplomandi, in modo che essi considerino gli ITS una delle possibili destinazioni una volta concluse le scuole superiori, avendo ben chiaro il tipo di preparazione e i vantaggi da essi offerti. Al tempo stesso, sembra opportuno pensare a una “istituzionalizzazione” degli ITS volta a sancirne la legittimazione come percorso alternativo e parallelo alla laurea triennale, in grado di offrire al giovane un titolo chiaro e spendibile nel mondo del lavoro italiano ed europeo, con possibilità di crescita professionale.