Rapporto curato da L. Ghezzi e N. Sciclone
Curatori del Rapporto: L. Ghezzi e N. Sciclone
Gruppo di lavoro: C. Agnoletti, E. Conti, S. Duranti, N. Faraoni, T. Ferraresi, C. Ferretti, G. F. Gori, S. Iommi, P. Lattarulo, M. L. Maitino, M. Mariani, D. Marinari, R. Paniccià, V. Patacchini, L. Piccini, L. Ravagli, S. Turchetti
Allestimento editoriale: E. Zangheri
Nonostante la svolta restrittiva delle politiche monetarie, in un quadro persistente di incertezza per le non risolte tensioni geopolitiche alimentate in particolare dal conflitto fra Russia ed Ucraina, l’economia toscana è rimasta – nel corso del 2022 – ancorata su un sentiero espansivo.
Il tasso stimato di crescita del Pil è stato pari a 4,1 punti percentuali, che è un valore superiore al dato nazionale (+3,8%) per effetto prevalente di un più accentuato dinamismo del turismo nella nostra regione.
La crescita nel 2022 è stata trainata, in Toscana come in Italia, soprattutto dalla domanda interna: da un lato gli investimenti, che sono stati sospinti dal tiraggio degli incentivi pubblici destinati al settore delle costruzioni; dall’altro i consumi, che hanno goduto della spinta fornita dal turismo e delle riserve di risparmio accumulato dalle famiglie durante la pandemia.
Negativo invece, per il secondo anno consecutivo, il contribuito del commercio estero: le esportazioni hanno fatto registrare una dinamica positiva (+8,4% a prezzi costanti) e superiore sia alla media italiana (+7,8%), sia a quello delle principali regioni esportatrici; ma la dinamica dell’import è stata ancora più accentuata.
Il mercato del lavoro ha continuato a segnare un aumento delle posizioni lavorative e del volume complessivo di lavoro. Le posizioni lavorative perse durante la pandemia sono ormai sopravanzate da quelle create nella successiva ripresa. Nel 2022, su base annua, vi erano in Toscana 89mila addetti in più di quelli osservati nel 2019.
A sospingere le attivazioni nette dei rapporti di lavoro sono stati in particolare i contratti a tempo indeterminato, per effetto prevalente delle trasformazioni dei contratti a termine che hanno toccato nell’ultimo anno quota 54mila: il valore più alto osservato negli ultimi tredici anni. Il saldo positivo fra avviamenti e cessazioni a tempo indeterminato ha più che controbilanciato la flessione dei tempi determinati, risultata più accentuata nella parte finale dell’anno. (…)
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