Rispondere al quesito sull’attuale grado di attrattività del prodotto turistico offerto dalle realtà regionali italiane non è impresa semplicissima.
Esaminando in un’ottica di medio periodo i dati sulle quote di presenze turistiche mondiali, si può osservare come l’Italia riesca a permanere nel ristretto gruppo di destinazioni che mantengono sostanzialmente inalterato il proprio fascino.
Due sono probabilmente le ragioni fondamentali di questo successo: da un lato il turismo internazionale rivolto alla penisola ha beneficiato degli effetti della svalutazione del periodo 1992-1996; dall’altro, probabilmente usufruendo di questo avvenimento, le regioni caratterizzate da un minor grado di attrattività hanno dato avvio ad un processo di strutturale ampliamento e riqualificazione del proprio parco ricettivo e infrastrutturale, innestando così un benefico processo di ringiovanimento del prodotto turistico nazionale.
A fronte di queste argomentazioni positive si contrappone una considerazione di segno opposto: i forti elementi di maturità dell’industria turistica italiana, uniti alla presenza preponderante di un bacino turistico internazionale che frequenta con una certa regolarità la penisola, rende il quadro turistico nazionale sempre più penetrato da visitatori stranieri operanti secondo logiche di tipo ripetitivo e quindi sempre meno propensi ad incrementare ulteriormente il loro già elevatissimo livello di presenze.
Puntare contemporaneamente sul processo di rafforzamento delle presenze di origine extra-europea (quelle che meno presentano, rispetto al nostro paese, i caratteri del turismo di routine) e sull’ulteriore incremento del grado di visibilità e di qualità delle realtà regionali meno conosciute potrebbe quindi costituire una scelta strategica primaria per poter vedere incrementare ulteriormente il numero dei visitatori stranieri.

Autore: Andrea Giacomelli