Diritto allo studio universitario: non sarà un Lep a garantirlo

Definire i Lep non è sempre garanzia di equità dei servizi. Vincoli di bilancio possono impedirne la completa applicazione. Alle amministrazioni locali dove i bisogni sono più alti e le capacità finanziarie più basse è chiesto uno sforzo maggiore.

I Lep per il diritto allo studio universitario

I Lep – livelli essenziali delle prestazioni – non sono sempre garanzia di equità dei servizi. La loro inefficace o incompleta applicazione può causare disparità territoriali e diversità di trattamento, spesso riconducibili alla capacità o disponibilità a pagare e dunque alla ricchezza locale.

Avviene, per esempio, nel diritto allo studio universitario (Dsu), materia di competenza regionale, ma all’interno di una cornice definita dallo stato (legge 240/2010). In particolare, secondo il decreto legislativo 68/2012, i Lep e i relativi fabbisogni standard dovrebbero essere determinati con un decreto congiunto del ministero dell’Università e ricerca e del ministero dell’Economia e delle Finanze sulla base di un’indagine volta a stabilire il costo standard di mantenimento agli studi, relativo a diverse voci: materiale didattico, trasporto, ristorazione, alloggio e accesso alla cultura. Tuttavia, a distanza di oltre un decennio dalla definizione del quadro normativo, l’indagine sui costi non è ancora stata effettuata e il Mur continua a stabilire con proprio decreto annuale l’importo minimo delle borse di studio, aggiustando le cifre del precedente anno accademico sulla base della variazione dell’indice generale Istat dei prezzi al consumo per famiglie di operai e impiegati e dell’incremento delle risorse messe a disposizione dallo stato. Le regioni hanno poi ampi spazi di autonomia sia sull’importo delle borse e sulle condizioni di eleggibilità che sull’importo della tassa regionale con le quali co-finanziare il servizio, sfruttati in diversa misura dalle diverse amministrazioni.

Senza l’indagine sui costi di mantenimento agli studi, il fabbisogno finanziario delle regioni viene calcolato semplicemente come media delle spese sostenute dalle stesse nei precedenti tre anni accademici. Dunque, il fabbisogno non ha una natura standard, come invece dovrebbe avere secondo la normativa, ma si basa sostanzialmente sul criterio del costo storico, riproducendo annualmente uno squilibrio tra gli importi assegnati alle regioni sulla base del fabbisogno finanziario netto calcolato ex-ante dal Mur e l’esborso effettivamente sostenuto da queste ultime per la concessione delle borse di studio. (…)

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Autore: Patrizia Lattarulo e Silvia Duranti

Dicitura Bibliografica: IRPET, 2024



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