Osservatorio regionale della Cultura. Nota 3/2021 | A cura di Sabrina Iommi con la collaborazione di Donatella Marinari
Tra i molti aspetti negativi, la pandemia ha avuto il merito, se così si può dire, di riaprire il dibattito sul modello di sviluppo dei paesi a economia avanzata, che mostra ormai da decenni numerose criticità di natura ambientale, economica e sociale.
Attività culturali e territori periferici sono due argomenti centrali del dibattito in corso e sono fra loro molto legati.
La cultura è per sua natura un settore trasversale, che produce, rinnova e divulga quel patrimonio materiale e immateriale che costituisce uno dei fattori attrattivi chiave dell’industria turistica, che concorre con il settore dell’istruzione alla formazione del capitale umano, da cui dipendono in larga parte i risultati di tutti i settori economici, che contribuisce infine, insieme ai servizi sociali e sanitari, al benessere individuale e alla coesione sociale e territoriale. Per queste sue caratteristiche è ritenuta fattore cruciale per le società a sviluppo maturo, in cui qualità del capitale umano, della vita e del tempo libero giocano un ruolo molto importante, ed è considerata indispensabile per favorire l’innovazione e la trasformazione del modello di sviluppo.
Una centralità simile è attribuita alle aree periferiche o interne. Si tratta di territori che hanno subito lunghi processi di spopolamento nella fase di sviluppo industriale e urbano, che non di rado hanno messo a serio rischio il mantenimento dei presidi territoriali, ma che oggi hanno tutte le potenzialità per svolgere un ruolo di rilievo nella transizione verso un modello di sviluppo più sostenibile. Il contributo di queste aree è infatti indispensabile per la salvaguardia delle risorse naturali, per la conversione verso fonti di energia rinnovabili, per l’accorciamento delle filiere produttive (a partire da quelle del settore primario) e per il decongestionamento dei territori più urbanizzati e di quelli più sfruttati dall’industria turistica. (…)
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