Osservatorio Regionale della Cultura. Nota 3/2023

La cultura fa bene alla salute?

Una prima stima del legame tra consumi culturali e condizioni di salute con i dati dell’indagine Istat – Multiscopo

Le società a sviluppo maturo sono di fronte a sfide epocali.

La più nota è quella per la sostenibilità ambientale: la pressione sulle risorse naturali deve essere allentata, pena la perdita di vivibilità di molti territori, ma questo processo deve essere guidato per limitarne i costi, ad esempio in termini di perdita di posti di lavoro.

Altra sfida non meno importante è quella della cosiddetta transizione demografica. I territori più sviluppati soffrono da tempo di un intenso processo di invecchiamento della popolazione, che mette a rischio gli equilibri sociali fin qui sperimentati. Una società più vecchia è una società che partecipa meno al processo produttivo, perché minore è il numero di persone che lavorano, ma è anche una società che domanda più servizi di welfare, dai servizi sanitari a quelli di assistenza per lo svolgimento delle attività quotidiane.

Molte delle riforme più contestate degli ultimi anni hanno mirato a contenere il gap tra le capacità produttive e i fabbisogni assistenziali, agendo soprattutto sulle prime (posticipazione dell’età di pensionamento, passaggio del sistema pensionistico da retributivo a contributivo). Importanti spazi per le politiche ci sono, invece, anche dal lato dei fabbisogni. Questo aspetto è ben conosciuto in ambito sanitario, in cui da tempo si è affermato il concetto della medicina preventiva, che punta sulla diffusione di stili di vita in grado di rallentare i processi di decadimento fisico e mentale legati all’invecchiamento, contenendo e ritardando così il bisogno di interventi curativi.

Finora le raccomandazioni per gli stili di vita salutari si sono concentrate su aspetti legati al benessere fisico: si consigliano l’alimentazione sana e moderata, l’astensione da consumi nocivi come fumo ed alcol, la pratica di attività fisica moderata quotidiana, l’attenzione ad evitare ambienti inquinati e nocivi.

Più recentemente, probabilmente anche per l’emergere di malattie legate al decadimento cognitivo (ad esempio, l’Alzheimer) e al malessere psicologico (stati depressivi da solitudine), è cresciuta l’attenzione per i consumi immateriali, come quelli culturali, che possono avere importanti ricadute positive in termini di vivacità intellettuale e ricchezza delle relazioni sociali.

In questa nota si propone una prima esplorazione del legame tra partecipazione culturale e soddisfazione per il proprio stato di salute, utilizzando i dati dell’indagine campionaria Istat-Multiscopo “Aspetti della vita quotidiana”. I dati al momento disponibili non sono ancora del tutto soddisfacenti e il tema richiede futuri approfondimenti, tuttavia, emergono alcuni primi indizi positivi. In primo luogo, la pratica culturale è associata a un aumento di probabilità di percepirsi in buono stato di salute, a parità di altre condizioni. In secondo luogo, nel periodo osservato (2005- 2020), l’effetto positivo del consumo culturale è aumentato. Ciò significa che, a mano a mano che la popolazione invecchia e si riducono le differenze legate ai livelli di istruzione (per i maggiori investimenti in scolarizzazione tipici delle società mature), aumenta l’influenza esercitata dagli stili di vita, di cui gli aspetti immateriali, come i consumi culturali, rappresentano una parte molto importante.

Nota 3_2023 OssRegCultura_salute

Autore: S. Iommi con il supporto statistico di M. L. Maitino e V. Patacchini

Dicitura Bibliografica: Iommi S. (a cura di) (2023), "La cultura fa bene alla salute? Una prima stima del legame tra consumi culturali e condizioni di salute con i dati dell’indagine Istat – Multiscopo", Osservatorio regionale della Cultura, Nota 3, IRPET